Prendo scpunto da un articolo di Tadas Viskanta direttore di Investor Education al Ritoltz Wealth Management LLC e fondatore di Abonrmal Returns.
C’è una ricerca a sostegno per provare perché vi sia un’idea di felicità in declino, per la maggior parte dei quarantenni e prosegua fintanto che non raggiungiamo i cinquant’anni. Ci sono una serie di ragioni per cui la nostra felicità mediamente traccia questa forma a U. Tre motivi sono:
- Adattamento edonico;
- Responsabilità per due generazioni;
- Salute in calo.
1. Adattamento edonico
L’adattamento che la nostra mente fa alle
situazioni viene chiamato Adattamento
Edonico.
L’Adattamento Edonico serve in qualche modo come
protezione. Per questa ragione un individuo che viene condannato all’Ergastolo
o che è costretto a vivere senza diritti o in luoghi sporchi alla fine si
“abitua” e invece di suicidarsi, la sua mente inventerà ragioni per
continuare a vivere.
La curva della felicità è la forma di un sorriso. La gioventù è piena di birra, università e divertimento. Quindi ci diplomiamo/laureiamo poi inizia la ricerca del lavoro, cerchiamo di forgiare la nostra carriera, qualcuno che amiamo si ammala e muore. Prima a trent’anni e poi a quaranta ci rendiamo conto che non saremo un mega-imprenditore alla Steve Jobs o un trader alla Gordon Gekko, non saremo uno sportivo alla Roger Federer (a me piace il tennis per cui ho scelto lui, chi ama il calcio o un altro sport lo sostituisca con il proprio idolo). La delusione prende il sopravvento. Entriamo in una sorta di depressione. E poi succede qualcosa: la nostra soddisfazione e felicità aumentano mentre invecchiamo e ci rendiamo conto di avere così tanto di cui essere grati.
2. Responsabilità per due generazioni
Nell’attuale generazione di 45-54 anni, cioè il massimo dell’infelicità, si trovano anche di fronte a una situazione insolita in cui i loro anni migliori non si stanno rivelando redditizi come nelle generazioni precedenti.
La generazione dei 45/55enni si trova ad aver vissuto in quel periodo in cui era troppo giovane per negli anni 80 per aver potuto godere di tutti i benefici dell’economia in forte espansione, ma abbastanza vecchio da aver lavorato con colleghi più anziani che raccontavano di quanto fossero belle le cose per i colletti bianchi negli anni ’80. E ora hanno raggiunto gli anni di picco, solo per scoprire che non sono più anni di picco.
A parte gli aspetti finanziari, uno dei vantaggi di diventare solidamente di mezza età è che ora possiamo:
- Vedere più chiaramente il nostro posto nel mondo;
- Abbiamo serenamente rinunciato all’idea che saremo “Qualcuno” su questo pianeta
W. Ben Hunt su Epsilon Theory scrive come riorientare il nostro pensiero. Hunt scrive:
“Non importa quanti soldi abbiamo o non abbiamo, possiamo rifiutare l’idea di essere qualcuno che conta per il mondo e invece abbracciare l’idea che dobbiamo essere qualcuno che conta per il branco.
Forse il tuo branco è il mondo. Probabilmente no, ma forse potrebbe esserlo. Se lo è, allora sii audace e importante per il mondo.
Ma più probabilmente il branco è la tua famiglia. I tuoi amici. I tuoi partner e dipendenti. La tua chiesa. La tua scuola. Più probabilmente è il tuo paese. Non è certo il tuo partito politico. Non è certo un oligarca.”
Essere “qualcuno che conta per il branco” è una delle ragioni per cui molte persone che sono andate in pensione in realtà sono “in non pensione”, cioè continuano a lavorare.Questo è uno dei motivi per cui il gruppo degli ultra 65enni è la parte che cresce più velocemente nella forza lavoro.
Robert Roy ha citato nel Financial Times il racconto del suo periodo in pensione:
“Mancava qualcosa. Ho pensato: “Qual è il mio scopo nella vita?”. Il lavoro era stato deviante. “Sei andato a lavorare, la tua giornata è stata definita. Una volta che tutto questo è finito all’improvviso, con cosa l’hai sostituito? Cosa c’è dopo? Cosa faccio?”
3. Salute in calo
Durante la mezza età è facile avere una vita monotona. C’è poco spazio per qualcosa di diverso dal lavoro e dalla famiglia. Sebbene sia comprensibile il motivo per cui ciò accade, non è certo una ricetta per la felicità. Ernie Zelinski , autrice di Come andare in pensione felice, selvaggio e libero, scrive:
“Indipendentemente da quanto talento hai e quanto successo hai sul posto di lavoro, c’è il pericolo che non sarai così felice e soddisfatto come speri quando andrai in pensione perché quello che mancherà sarà dare un senso, uno scopo e un significato alla tua vita. In altre parole, vorrai continuare a crescere come individuo invece di rimanere statico”.
Perchè ci vuole così tanto tempo per essere felici?
Il mio sospetto, sul motivo per cui ci vuole così tanto tempo per arrivare alla nostra felicità, è che lungo tutto il percorso siamo in una battaglia con l’immagine che abbiamo di noi stessi. John Hodgman in Vacationland: True Stories From Painful Beaches scrive:
Ci sono momenti in cui tutte le bugie che ti sei raccontato su di te sono semplicemente scomparse. A vent’anni, dici alla bugia che sei unico, particolare, interessante. Lo fai principalmente acquistando (o rubando) cose. A trent’anni, ti dici la bugia che avevi a vent’anni. Molti sulla quarantina, si ripetono la stessa bugia, poi all’improvviso ti vedi chiaramente.
È difficile trovare chiarezza durante la mezza età perché abbiamo a che fare con un’aspettativa doppiamente sfigata. Jonathan Rauch a The Atlantic , vale a dire il migliore e più completo testo sul tema della curva a U, esamina la ricerca sulla felicità della nostra vita e trova due cose che accadono nella mezza età e che lavorano contro di noi. Rauch scrive:
In altre parole, le persone di mezza età tendono a sentirsi deluse e pessimiste, una ricetta perfetta per la miseria. Alla fine le aspettative smettono di scendere, si stabiliscono a un livello inferiore rispetto ai giovani e la realtà inizia a superarli. Le sorprese diventano prevalentemente positive e la soddisfazione della vita oscillano verso l’alto. E il passaggio, nel campione di Schwandt, è accaduto dove ti saresti aspettato: a 50 anni.
E dopo i 50?
Quel trasformazione nelle aspettative suona sospettosamente come qualcosa che noi continuamente sperimentiamo nei mercati finanziari. Quando il titolo azionario che stava sui massimi inizia a scendere le aspettative di guadagno alla fine si scontrano con la realtà.
Le nostre vite non sono azioni. Ma le aspettative contano. Le prove sulla curva a U nella soddisfazione della vita sono travolgenti. Se non ti colpisce ritieniti fortunato. Trascorriamo così tanto tempo a pianificare le nostre vite finanziarie: risparmiando, lavorando, spendendo. Facciamo poco per pianificare gli inevitabili shock della vita, che si tratti della mezza età o della pensione. Il solo fatto di conoscere l’esistenza della curva a U ti ricorderà che non sei l’unico e che c’è un motivo di ottimismo dalla parte destra della U.
Alla prossima!